Le mancanze del femminismo bianco

Flyer vettore creata da macrovector – it.freepik.com

Il bisogno di intersezionalità è nato dalle colpe e dalle lacune del femminismo bianco, un movimento focalizzato sui bisogni e i diritti mancanti delle donne bianche che ha però escluso i problemi dati dalla razza e dal relativo razzismo. La costruzione e il bisogno di un movimento che fosse non solo antisessista, ma anche antirazzista, anticapitalista e anticlassista è divenuto necessario e vitale soprattutto a metà del Novecento, quando la voce delle persone nere iniziò a urlare così forte da far tremare le pareti di un intero sistema che per secoli aveva sfruttato milioni di persone facendo finta di niente, come se anni di violenza e sopraffazione non fossero mai esistiti. Le grandi nazioni civili e democratiche, le più ricche e potenti del mondo, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale e nel periodo storico ricostitutivo di tutti i pezzi dell’umanità distrutta, si sono sempre dimenticate di una parte della storia su cui però si basava la maggior parte del loro potere: lo schiavismo, il colonialismo e l’imperialismo.

Queste lacune storiche hanno portato alla formazione di movimenti anche sociali che però mancavano di informazione, di ascolto e di interesse verso una grande fetta della società stessa: la popolazione nera. Il femminismo bianco segue anch’esso questa corrente e, nella rivendicazione dei diritti basilari delle donne, ha continuato e continua ancora a oggi a dimenticare i problemi che la maggior parte di esse affronta, che sono non solo legati al genere e al sesso, ma anche alla razza e alla classe sociale (questi spesso, purtroppo, connessi tra loro), all’orientamento sessuale, alla condizione abile del loro corpo e della loro mente. Il mancato accesso all’istruzione, al trasporto, ai luoghi sociali e civili e a un certo tipo di lavoro venivano e continuano a non essere considerati nella narrazione più mainstream di un femminismo che rivendica il mancato accesso alle posizioni di potere prettamente maschili, ma dimentica che il potere è anche stato esclusivamente bianco: il messaggio che si dovrebbe far passare non è che ci dovrebbero essere più donne padrone, né più donne padrone nere, ma che non dovrebbero più esistere padron3, così da non esserci più schiav3. L’intersezione tra femminismo, antirazzismo e lotta sociale marxista venne infatti portata avanti da una figura che oggi possiamo definire miliare come Angela Davis, che sosteneva come il sessismo ha sempre avuto anche una componente razzista e da cui deriva la necessità dell’antisessismo di contenere per forza di cose l’antirazzismo (doveroso anche ricordare le sue dichiarazioni secondo cui le radici dell’omofobia si intrecciavano con il razzismo, il sessismo e lo sfruttamento economico). Il patriarcato è nato su enormi fondamenta composte da tutti i tipi di intolleranza verso chi è diverso dall’uomo bianco etero cis borghese, e la battaglia atta a distruggerlo deve comprendere ogni discriminazione, altrimenti non lo si vedrà mai crollare.

Il femminismo bianco è un movimento che essenzialmente spende le proprie energie per entrare nel sistema de3 potent3 e creare uno spazio padronale più inclusivo verso le donne: esso è costituito da tutt3 coloro che combattono per un salario equo senza pensare anche alla lotta per un’istruzione equa che aumenterebbe le possibilità di prendere uno stipendio dignitoso per tutt3; da coloro che combattono per l’aborto senza pensare al fatto che per secoli le donne nere hanno avuto un controllo serrato e obbligato sulle loro capacità riproduttive (fino agli anni ’70, la sterilizzazione obbligata era legale in 32 stati USA) e che, ancora oggi, vengono considerate poco capaci di prendere decisioni di tale importanza. Per questo la lotta all’aborto deve riconoscere i suoi privilegi: abortire è un diritto e si deve ovviamente combattere per la sua esistenza, ma nei paesi dove si può abortire più o meno in maniera libera esso è anche un privilegio. Il sistema sanitario della maggior parte dei paesi nel mondo è estremamente razzista e classista: se si vuole combattere per un aborto libero, si deve anche riconoscere che per alcune è stato ed è ancora un obbligo, e per altre risulta essere un beneficio di cui non possono godere. E mentre le donne bianche possono combattere e creare movimenti contro per esempio i reggiseni e la depilazione, spesso si dimenticano che la maggior parte delle donne nere deve pensare ancora a come sopravvivere alla nostra società, sperando di non essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato o di non incontrare il poliziotto con il grilletto facile. Esse vengono escluse dai vari benefici che l’essere bianca comporta: stare a casa e fare la casalinga, che è comunque una scelta privilegiata, frequentare un certo tipo di scuola e università, aspirare a diventare famosa, essere presa più sul serio. Se tutto ciò è già difficile per le donne, bisogna considerare che l’essere nere comporta ancora più difficoltà, poiché l’intreccio di razzismo e sessismo con anche altre realtà porta a una vita resa quasi invivibile dal pensiero normato della società.

Il femminismo è un movimento, un’ideologia e una pratica che aspira a stravolgere la normalità, le abitudini, il pensiero millenario della società, e non può permettersi di lottare per entrare nel sistema oppressivo. Non si può pretendere di allargare il tavolo delle decisioni per poi continuare ad affossare le persone perché si ha il potere di farlo, ma si deve puntare alla sovversione, alla rivoluzione e, soprattutto, all’inclusione.

Beatrice

Le strade dell’oppressione: femminismo e intersezionalità

People vector created by freepik – www.freepik.com

Il concetto di intersezionalità fu introdotto e definito da Kimberlé Crenshaw nel 1989. In una TED Talk molto più recente, The urgency of intersectionality, la giurista e attivista statunitense racconta del caso di una donna nera che, non essendo stata assunta da un’azienda che la discriminava e decidendo di agire legalmente, non viene aiutata perché la suddetta azienda aveva assunto sia uomini afro-americani che donne bianche e, perciò, secondo il tribunale lei non era stata vittima di nessun pregiudizio. Partendo da questo presupposto, Crenshaw spiega come le oppressioni possano essere paragonate a delle strade che in determinati punti si sovrappongono, e quindi come chi si trovi all’incrocio di esse venga schiacciatə da livelli multipli di ingiustizia sociale:

Se pensiamo a questa intersezione, le strade per l’intersezione sarebbero il modo in cui la forza lavoro è stata strutturata secondo razza e genere. […] Siccome Emma era sia nera sia di sesso femminile, era posizionata precisamente dove queste strade si sovrapponevano, sperimentando l’impatto simultaneo della politica di genere e dell’etnia. La legge è come quell’ambulanza che arriva ed è pronta a curare Emma solo se può essere dimostrato che è stata colpita o nella via della razza o nella via del genere, ma non dove queste strade si incrociano.

Kimberlé Crenshaw, The urgency of intersectionality

Il femminismo intersezionale parte da questi principi e deve moltissimo proprio alle teorie femministe antirazziste della fine del Novecento: Angela Davis, bell hooks, Audre Lorde (per citarne alcune) hanno contribuito a decostruire la visione delle donne come una marea omogenea che ha sempre gli stessi bisogni e subisce le stesse oppressioni. Le donne nere, oltre alle discriminazioni di genere, subiscono anche quelle razziali, le donne lesbiche anche quelle omofobe, le donne disabili anche quelle abiliste e così via. Spesso, infatti, nella lotta contro il patriarcato, il capitalismo e tutte le sovrastrutture oppressive, si dimentica che non si può combattere in un senso solo, ma bisogna sempre tenere conto del fatto che le discriminazioni sono tutte interconnesse tra loro e che moltissime persone si trovano ad affrontarne molteplici perché si trovano proprio all’intersezione tra esse:

Come chiamate subire l’impatto di forze multiple ed essere poi abbandonat3 a provvedere a sé stess3? “Intersezionalità” mi è sembrato adatto. Potrei apprendere che le donne afro-americane, come le altre donne di colore e le altre persone socialmente emarginate in tutto il mondo, stanno affrontando tutti i tipi di dilemma e sfide come conseguenza dell’intersezionalità, intersezioni di razza e genere, di sessismo eterosessuale, transfobia, xenofobia, violenza su diversamente abili, tutte queste dinamiche sociali si uniscono e creano sfide che a volte sono piuttosto uniche.

Kimberlé Crenshaw, The urgency of intersectionality

Queste dinamiche di potere che si intersecano tra loro creano anche una complessità a livello di divisione tra oppressə e oppressorə: per esempio, un uomo di colore sarà discriminato in base alla razza, ma passerà dalla parte del potere quando si parlerà di genere. Allo stesso modo, una donna lesbica magra sarà vittima se si considera l’asse del genere e dell’orientamento sessuale, ma sarà privilegiata rispetto a una donna lesbica grassa. E così via.

Tra le varie teorie femministe, quella intersezionale è quella che più cerca di adattarsi ai cambiamenti e che più cerca di abbracciare questa complessità, lavorando ogni giorno sul riconoscimento dei propri privilegi e delle discriminazioni che si devono affrontare. Questo punto di vista è molto importante da considerare perché osserva il mondo non come diviso in compartimenti stagni in cui tutto è fermo immobile, ma come un insieme di milioni di esperienze individuali che danno vita a delle dinamiche interconnesse che variano nel tempo e che possono coesistere anche nella stessa persona, puntando alla liberazione di ogni singola persona nel mondo.

Giulia